“Narrare è intrecciare e dipanare eventi attorno a un centro e secondo un senso. Il centro è, in genere, un personaggio, e il senso è un’esistenza” F.Cambi
La narrazione costituisce un patrimonio irrinunciabile dell’essere umano, mezzo primario di identificazione e di evoluzione, al punto da essere annoverato da alcuni psicologi tra i bisogni fondamentali dell’uomo, in grado di influenzarne il benessere e la salute.
Il narrare-narrarsi è a pieno titolo al centro di percorsi di cura come il counseling e la psicoterapia. Curare con le parole, attraverso le parole, offerte e ricevute, trova la sua radice nell’uomo e nella sua storia. Fin dagli albori della sua esistenza, infatti, l’uomo ha “lasciato tracce” narrative di sé, ha compiuto veri e propri sforzi comunicativi che ha poi raffinato nel corso del tempo, individuando forme del narrare e del narrarsi via via nuove e multiformi (dai pittogrammi sulle grotte alle attuali forme narrative di vlogging). Non è un caso che l’atto del narrarsi-narrare sia attività presente in tutti i tempi e in tutte le culture. Le forme narrative possibili sono molteplici: in alcuni popoli particolari tradizioni narrative (frequentemente il racconto orale) costituiscono un elemento identitario fondante, che si tramanda di generazione in generazione. Il bisogno di narrare, che è proprio dell’infanzia, non si esaurisce con l’infanzia stessa, ma prosegue e accompagna l’uomo per tutta la sua esistenza, ed oltre. Il filo che unisce le generazioni passate a quelle future è un filo di narrazioni, esplicite o implicite, sulle quali i bambini, ma anche gli adulti operano un lavoro di volta in volta superficiale o profondo, fantastico o realistico, il cui scopo è l’accesso al mondo (interno, in fieri, ma anche esterno), la comprensione del mondo, la presa di coscienza del mondo e delle sue forme. La narrazione si pone dunque come nucleo fondante della formazione (intesa come formarsi, prima di tutto e poi formare), e come strumento pedagogico fondamentale.